Olli Mustonen – Nonetto II per nove solisti ad arco oppure per orchestra d’archi
(4 violini, 2 viole, 2 violoncelli, un contrabbasso)
I. Inquieto
II. Allegro impetuoso
III. Adagio
IV. Vivacissimo
Qualche breve informazione sulla personalità di questo talentuoso musicista finlandese, nato a Helsinki il 7 giugno 1967, quindi appena cinquantaseienne, direttore d’orchestra, compositore e pianista in egual misura. Olli Mustonen è un compositore postmoderno che costruisce un ponte sulla musica classica occidentale dal barocco al minimalismo, dal tardo romanticismo alla nuova spiritualità del 21° secolo. “La musica può catturare il segreto della vita: una corrente di suoni. La sua musica trasporta l’idea dell’esperienza diretta, un’abilità che è sprofondata nell’oblio in questi tempi tecnocratici” (Susanna Valimäki). Il suo insegnante di composizione fu Einoiuhani Rautavaara, sicuramente il più interessante musicista della generazione precedente. Mustonen oggi è a capo di diversi complessi e festival in patria, ha diretto in Finlandia, Germania, Inghilterra, Scozia, Estonia e Russia. Come pianista-solista per la sua registrazione di 24 Preludi e Fughe di Dmitrij Šostakovič e 25 Preludi di Charles-Valentin Alkan, ha ricevuto sia l’Edison Award che il Gramophone Award nel 1992. Ha eseguito diverse opere di Rodion Šcedrin, il quale gli ha dedicato il 5° Concerto per pianoforte e orchestra. Da tenere presenti i suoi numerosi dischi con opere di Prokof’ev, Skrjabin, Respighi, Sibelius.
La predilezione di Mustonen per le composizioni e le opere del XX secolo intrecciate contrappuntisticamente che riprendono idee del XVII e XVIII secolo, si riflette anche nelle sue stesse opere. Il suo Nonetto n. 2 è stato eseguito per la prima volta dall’Orchestra nel 2001 e da quel momento è diventato uno dei preferiti dal pubblico. Divertente, accessibile e pieno di melodie liriche, il suo fulcro è lo splendido Adagio calorosamente espressivo. Il brano, di piacevolissimo ascolto, contiene 4 movimenti: Inquieto – con motivi brevi, a volte dissonanti, pause, sospiri, crescendi, che passa nell’Allegro impetuoso – che sembra essere una citazione di un ensemble dell’epoca di Beethoven, poi arriva il magnifico Adagio pieno di allusioni assolutamente al Quintetto di Schubert con due violoncelli. Sonorità belle, intime, una specie di sublimazione di Schubert. Si conclude con un Vivacissimo, un tipico Finale classico con degli accenti moderni.
Arturo Cuéllar – Concerto per chitarra e orchestra – Prima esecuzione mondiale
Arturo Cuéllar (Svizzera) è un compositore e pianista nato in Colombia nel 1960; ha iniziato a suonare il violino all’età di quattro anni con la jazz band di famiglia. Si è recato a Londra per studiare composizione con Melanie Daiken allieva di Olivier Messiaen, al Morley College, e poi si è trasferito in Svizzera per studiare con Irma Schaichet, illustre allieva di Ferruccio Busoni e Béla Bartók. Nel corso della sua formazione come compositore Arturo Cuéllar ha percepito l’influenza della scuola di Rimskij-Korsakov. Le composizioni di Arturo Cuéllar sono caratterizzate da energia, virtuosismo e umorismo in uno stile unico che combina elementi classici e jazz con la musica popolare colombiana. Le sue composizioni, tra cui due Concerti per pianoforte, tre quartetti d’archi, due Fantasie per pianoforte e orchestra d’archi e altre, sono state eseguite in tutto il mondo, dal Musikverein di Vienna alla Carnegie Hall di New York.
Nel 1986 ha sposato la pittrice Corinne Nathan in Svizzera, dove vivono da allora. Ventisette anni fa a Zurigo è stata fondata l’attività di commercio d’arte Arturo Cuéllar. Da allora ha mantenuto la sua specializzazione nello scoprire e trattare i disegni dei Maestri, in particolare dal XV alla fine del XX secolo – da Rembrandt a Cézanne e a de Staël.
I primi passi del Elba Festival Orchestra (EFO) sono stati possibili anche grazie al prezioso sostegno offerto da Maestro Cuéllar.
Franz Schubert – Sinfonia n. 5 D. 485
Allegro
Andante con moto
Menuetto. Allegro molto. Trio
Allegro vivace
Da tempo gli studiosi della musica romantica dividono la produzione sinfonica di Schubert in tre gruppi, che corrispondono in linea generale alle tre fasi dell’evoluzione e dello sviluppo artistico del compositore. Al primo gruppo appartengono le prime sei sinfonie complete scritte fra il 1812 e il 1817: sono lavori giovanili che risentono soprattutto delle forme sinfoniche elaborate da Haydn e da Mozart, anche se vi si avvertono certe caratteristiche inconfondibili dell’arte schubertiana, come il senso di affettuosa dolcezza della melodia e l’intimità e la purezza dell’espressione lirica. Nel secondo gruppo sono comprese le tre sinfonie incomplete e frammentarie, fra cui la celeberrima Incompiuta in si minore, alle quali l’autore lavorò fra il maggio 1818 e l’ottobre 1822: esse riflettono idee e invenzioni tematiche più ricche di pensiero e una più originale e personale scrittura strumentale. Unico esempio completo del terzo gruppo è la Sinfonia in do maggiore detta “La grande” (Die Grosse), che per l’ampiezza del respiro melodico e la robustezza del discorso raggiunge il punto più alto e profondo dell’esperienza sinfonica schubertiana.
L’aspetto da evidenziare subito nella Quinta Sinfonia di Schubert riguarda il sensibile distacco dai modi e dalle forme beethoveniane (un musicologo osservava che “qui svanisce l’immagine dell’epoca eroica che viene sostituita da un’epoca in cui l’uomo con le sue gioie e i suoi dolori personali si pone di fronte al mondo”), e semmai il ritorno e un riavvicinamento allo stile mozartiano, così evidente sin dalla scrittura per piccola orchestra senza trombe né tamburi militari, che è la stessa combinazione orchestrale a cui era destinata la versione originale della Sinfonia in sol minore di Mozart, senza i clarinetti. La Quinta Sinfonia, realizzata nella piacevole e fresca tonalità di si bemolle maggiore, fu scritta fra il settembre e l’ottobre del 1816 e fu eseguita per la prima e anche ultima volta nel corso della vita di Schubert nell’autunno del 1816 sotto la direzione del violinista Otto Hatwig; fu considerata la migliore per freschezza di invenzione e omogeneità di forma tra le sinfonie del primo gruppo.
Il primo tempo (Allegro) è caratterizzato da due temi: uno delicatamente cantabile e l’altro più sostenuto ed elaborato nel suo slancio lirico, che a volte nasconde tra le sue pieghe qualche reminiscenza beethoveniana. L’Andante ha un inconfondibile sapore mozartiano, tanto che un musicologo, sir Donald Tovey, sostiene che esso ha molti punti di contatto con la frase melodica della Sonata per violino K. 373 del salisburghese. Il terzo tempo è un sereno Minuetto di gusto mozartiano con un Trio dagli accenti popolareschi da Ländler tirolese, elaborato con molta finezza orchestrale. L’Allegro vivace dell’ultimo tempo: questa pagina è considerata da Einstein «forse il pezzo di musica strumentale più puro, più levigato, più equilibrato che Schubert avesse scritto fino a quel momento».