Giovedì 1 settembre – ore 18.30
Teatro dei Vigilanti – Renato Cioni | Portoferraio
Solisti del Festival – Beethoven, Brahms
Pierre Génisson clarinetto | Michael Guttman violino | Jing Zhao violoncello | Akane Sakai pianoforte
L. van Beethoven | Sinfonia n. 2, op. 36 (arrangiamento dell’autore per piano trio) |
J. Brahms | Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte op. 114 |
S. Irving Glick | Il Matrimonio di un Klezmer per clarinetto, violino e pianoforte |
I. Adagio molto. Allegro con brio.
II. Larghetto.
III. Scherzo. Allegro.
IV. Allegro molto.
La Seconda Sinfonia, completata nell’estate del 1802, concludeva il periodo più spensierato della vita di Beethoven. Nel corso del decennio passato a Vienna egli ne divenne il musicista più rinomato, accanto al glorioso settantenne “papà” Haydn, del resto suo maestro. Le nuove composizioni vennero pubblicate immediatamente, il compositore non disdegnava la società aristocratica, dove usava esibirsi riscuotendo notevole successo, inoltre offriva lezioni gratis – in alcuni casi – alle giovani ereditiere, come alla sedicenne Julie (Giulietta) Guicciardi, alla quale è dedicata la Sonata op.27 n.2, la famosa “Chiaro di luna”. La sua passione per la giovane aristocratica non era corrisposta, e questo fu motivo per il compositore di grande sofferenza. Ad aggravare la condizione di disagio fu la consapevolezza della incipiente sordità. Nonostante questo Beethoven si promise di “afferrare il destino alla gola” e vincere. Fu proprio in questo periodo che dalla sua penna uscirono, una dopo l’altra, opere geniali: tre Concerti per pianoforte, sei Quartetti per archi, il balletto Le creature di Prometeo, la Prima sinfonia e le Sonate per pianoforte, sempre più innovative. Nella Seconda sinfonia, anche se essa sviluppa le tradizioni di Haydn e di Mozart, vi sono elementi di novità: in primis il carattere eroico, monumentale, e la scomparsa del movimento di carattere danzante: il Minuetto viene sostituito dallo Scherzo. La prima della Seconda sinfonia ebbe luogo sotto la direzione dell’autore il 5 aprile 1803 nella sala dell’Opera di Vienna. Nella stessa serata furono eseguite la Prima sinfonia, l’Oratorio Cristo al Monte degli Ulivi e il Terzo Concerto per pianoforte e orchestra. La dedica al Principe Karl von Lichnowsky era più che giustificata: questi era infatti un fedele sostenitore del compositore, sia dal punto di vista economico che artistico.
Eppure, Beethoven non era soddisfatto, perché di lì a poco la sua nuova Sinfonia fu quasi dimenticata. Sempre nello stesso periodo un importante editore viennese, “Bureau des arts et d’Industrie”, gli offrì di lavorare per un arrangiamento di musica da camera della Sinfonia, che lo portò a produrre il Trio. Questo lavoro fu realizzato, a quanto pare, con l’aiuto del braccio destro di Beethoven, Ferdinand Ries (1784-1838). Ries arrivò a Vienna nell’ottobre del 1801 e Beethoven ne divenne il mentore; Ries restituì al compositore il suo appoggio “aiutandolo con gli aspetti pratici della composizione, trattando con gli editori, trovando un alloggio a Beethoven e generalmente prendendosi cura di lui mentre il suo udito diminuiva”. Così Ries era divenuto allievo di Beethoven, che a sua volta era stato allievo a Bonn del padre dello stesso, Franz Ries. Ries debuttò nel 1804, suonando il Concerto per pianoforte in do minore di Beethoven, op. 37. Lasciò Vienna nel 1805 e tornò nel 1808 per poi partire definitivamente un anno dopo. Il suo lavoro più prezioso per la storia della musica è però la redazione, in collaborazione con il medico Franz Gerhard Wegeler, delle “Biographische Notizen über Ludwig van Beethoven”, fonti primarie di informazioni negli studi sul grande compositore di Bonn. Sembra che tra tutti i suoi Trii con pianoforte, questo sia stato uno dei più eseguiti fino alla Prima guerra mondiale, quando cessò la pratica di eseguire grandi opere in arrangiamento di musica da camera.
Il risultato dell’arrangiamento è sorprendente: seguendo la partitura originale ci si rende conto che tutta la ricca materia musicale della Sinfonia – le sue melodie, il carattere energico e lirico, nel primo Allegro e nel successivo Larghetto, le spiritose repliche tra uno strumento e altri nello Scherzo, persino le potenza sonora del Finale – si percepisce perfettamente anche nell’esecuzione del Trio, composto da violino, violoncello e pianoforte. Il genere dell’arrangiamento si nota nei numerosi tremoli e ribattuti del pianoforte al quale vengono affidati i più ponderosi Tutti orchestrali.
Johannes Brahms – Trio per clarinetto, violoncello e pianoforte op. 114
I. Allegro
II. Adagio
III. Andantino grazioso. Trio
IV. Allegro
Le ultime composizioni per clarinetto di Brahms si devono tutte a Richard Mühlfeld, attivo nella cappella di corte di Meiningen dal 1873 al 1907. Brahms scrisse da Meiningen il 17 marzo 1891 a Clara Schumann: “Oltre alle mie sinfonie e, per esempio, le Variazioni su tema di Haydn, in questi giorni tu avresti potuto ascoltare anche il bellissimo Concerto in Fa minore per clarinetto di Weber, non si può suonare il clarinetto meglio di come lo suona il signor Mühlfeld”. E ancora, da Ischl, nel luglio 1891, accennando alle ultime composizioni: “La baronessa Heldburg ti avrà detto di un Trio per pianoforte, violoncello e clarinetto e di un Quintetto per quartetto d’archi e clarinetto. Sono felicissimo al pensiero di sentire questi due brani a Meiningen. Non hai idea di un clarinettista di lì, di nome Mühlfeld. È il migliore strumentista a fiato in assoluto che io conosca”. Brahms in realtà aveva pensato di non scrivere più, ma Mühlfeld riuscì a farlo tornare sulla sua decisione: il risultato sono i più importanti contributi al repertorio del clarinetto del secondo Ottocento, il Trio op. 114, il Quintetto op. 115 e le due Sonate con pianoforte op. 120.
Il Trio per pianoforte, clarinetto e violoncello è un genere che prima di Brahms comprendeva solo le opere di Beethoven (del 1798) e di D’Indy (del 1887), la prima caratterizzata dal predominio del pianoforte, e la seconda da una certa prolissità e uno stile discontinuo, tale da non far risaltare molto le varie bellezze della partitura (quali lo Chant élégiaque). Il Trio in la minore di Brahms, al contrario, è un miracolo di equilibrio tra le parti – pur con una scrittura densa in tutti i sensi del pianoforte – a cominciare dall’Allegro, lirico-drammatico, aperto dal violoncello con un tema la cui semplicità fa pensare a quello della Sonata op. 38, mentre lo sviluppo è tipico dell’ultimo Brahms. Il contemplativo secondo tempo, Adagio, è assimilabile al clima di alcuni degli ultimi Lieder, l’Andantino grazioso ha molto di un Ländler o di Valzer, nell’Allegro infine alcuni critici hanno voluto riscontrare degli spunti magiari e addirittura della tarantella. Alla prima esecuzione (dicembre 1891) partecipò Brahms al pianoforte.
Srul Irving Glick – Il matrimonio di un Klezmer (The Klezmer’s Wedding) per violino, clarinetto e pianoforte
La musica di Srul Irving Glick (1934-2002), uno dei compositori più importanti del Canada, viene eseguita regolarmente in patria, negli Stati Uniti e all’estero. Il suo modo unico di integrare il linguaggio contemporaneo, il lirismo ebraico e le tecniche di composizione classica, fuse in una musica magistrale e assertiva, sia drammatica che lirica, gli valse molti elogi.
È cresciuto a Toronto, dove suo padre era un cantore della sinagoga e suo fratello un rinomato clarinettista. Ha studiato all’Università di Toronto dove ha conseguito una laurea in musica e un master in composizione e teoria. Ha continuato i suoi studi a Parigi, con maestri come Darius Milhaud, Louis Saguer e Max Deutsch. Egli stesso è stato professore di teoria e composizione al Royal Conservatory of Music di Toronto e alla York University.
Srul Irving Glick ha scritto in tutti i generi, dalla musica da camera all’oratorio. La musica vocale e corale ha occupato un posto particolarmente significativo nella sua produzione e gli è valso numerosi premi, tra cui: il Segal Prize per il suo contributo alla musica ebraica in Canada; il Premio Kavod assegnato dalla Cantor’s Assembly of America “per la sua dedizione per tutta la vita alla musica della sinagoga, ai suoi cantori e al loro canto”; il Solomon Schechter Award per il Beth Tikvah Synagogue Music Program della United Synagogue of America; una Honorary Fellowship dal Royal Canadian College of Organists “per il suo contributo alla vita musicale del Canada, e in particolare alla musica sinagoga”. Nel 2001 ha ricevuto il prestigioso premio Ateret Kavod (corona d’onore) dalla Sinagoga Unita d’America.
Questo genere musicale, Klezmer, fonde in sé strutture melodiche, ritmiche ed espressive che provengono dalle differenti aree geografiche e culturali (i Balcani, la Polonia e la Russia) con cui il popolo ebraico è venuto in contatto. Musica che accompagna feste di matrimonio, funerali o semplici episodi di vita quotidiana, il klezmer nasce all’interno delle comunità ebraiche dell’Europa orientale, in particolare delle comunità chassidiche. Questa musica esprime sia felicità e gioia sia sofferenza e malinconia, tipica della musica ebraica. Lo strumento principale del mondo ebraico degli shtetl e dei ghetti è sicuramente il violino, ma nel klezmer acquisteranno crescente rilievo il clarinetto e gli ottoni. Il Klezmer contribuì non poco alla formazione del jazz, quando molti ebrei perseguitati in Europa si trasferirono nelle Americhe.
Nel brano The Klezmer’s Wedding si sentono i ritmi e le melodie tipiche, mescolate alle cadenze virtuosistiche che dimostrano le possibilità degli strumenti “classici” se usati nel genere così specifico. Lo stesso organico (violino, clarinetto e piano) è tipico per le feste di matrimonio, soprattutto i primi due, come è dimostrato largamente nella letteratura e nel cinema.