Sabato 28 agosto – ore 18.30
Villa Romana della Linguella | Portoferraio

Aki Saulière, Liana Gourdjia, violini | Georgy Kovalev, Shira Majoni, viole | Raphael Bell, violoncello | Filippo Gorini, pianoforte

W.A. Mozart Duo per violino e viola n. 1 K. 423
Allegro
Adagio
Rondò
L. Janaček Sonata per violino e pianoforte JW VII/7
Con moto
Ballada
Allegretto
Adagio
J. Brahms Quintetto per archi op. 111
Allegro non troppo, ma con brio
Adagio
Un poco Allegretto. Trio
Vivace ma non troppo presto

 

Duo in Sol maggiore K. 423 per violino e viola fu composto nell’estate del 1783 a Salisburgo, insieme all’altro Duo K. 424. L’incarico di scriverli era stato dato dall’arcivescovo Geronimo a Michael Haydn, ma questi per ragioni di salute non aveva potuto mantenere l’impegno e Mozart, viste le difficoltà del collega più anziano, si offri generosamente di occuparsene. Sono due pagine di breve respiro e abbastanza indicative per comprendere lo stile mozartiano, stilisticamente vicine ai sei Quartetti, specie per la scrittura della parte per violino puntata su effetti di festosa musicalità. L’arcivescovo le prese per opere di Michael Haydn, anche se la genialità del vero autore ed evidente superiorità del risultato si dovrebbe notare subito. Il primo Allegro è articolato in tre temi con relativi ritornelli, mentre il Rondò è contrassegnato da una varietà di accenti melodici con mutamenti improvvisi di tonalità. Il duetto evoca naturalmente il famoso intreccio della Sinfonia concertante, specialmente nell’Adagio pieno di espressività malinconica tipica di Mozart.
Nei 25 anni successivi alla morte di Mozart un’enorme quantità della sua musica fu arrangiata e adattata per l’insaziabile appetito del pubblico musicale europeo. Quasi tutte le opere principali sono state arrangiate per pianoforte a quattro mani, alcune per quartetto d’archi o altri complessi da camera. Johannes Traeg, un conoscente di Mozart ed editore, inizialmente un semplice copista a Vienna, ha risposto rapidamente alla richiesta pubblica di arrangiamenti di Mozart all’inizio del XIX secolo. E’ stato il primo a proporre a Mozart di pubblicare i tre Concerti K. 413-415 dopo il rifiuto del collega parigino Jean-Georges Sieber. Nel 1805 ha pubblicato gli arrangiamenti dei duetti K. 423-424 per violino e violoncello, allargando in questo modo il repertorio dei violoncellisti nel campo della musica da camera.
La Sonata per violino e pianoforte del compositore moravo Leós Janàček (1854 – 1928) fu iniziata nel 1914 ma subì molte modifiche prima di essere presentata a Brno nel 1922. In principio la Ballada, il movimento più affascinante e raffinato, fu concepito come lavoro indipendente. Partito da un’idea patriottica e da intenti nazionalistici (“La Sonata per violino fu scritta all’inizio della guerra, quando attendevamo i russi in Moravia”, ricordava l’autore ancora nel 1922 e quando alla sua mente eccitata sembrava di “percepire i clangori dell’acciaio affilato”), l’autore ha conservato in tutti i movimenti l’atmosfera di nervosismo ed eccitazione, sottolineato dai tremoli e trilli nella parte del pianoforte e dall’incisività dei temi del violino. Chiarissima e tradizionale la forma dell’iniziale Con moto, dell’originale e popolano Allegretto (Scherzo). L’opera si conclude con un Adagio, secondo Sergio Sablich, disgregante: “Siamo davvero vicini a quelle zone della psiche di cui ci parlano Kafka e Kundera nei loro romanzi”. L’episodio concludente è segnato da Leós Janàček con le parole “Poco più mosso, rubato con crescente (sic!) emozione” che però si sfuma nelle secche repliche “morendo”.
In questo autentico gioiello di Brahms ormai cinquantasettenne, secondo Max Kalbeck, autore di una monumentale monografia su di lui, lo spiccato carattere viennese incontra “tedesco senso dell’umorismo e melanconia slava, temperamento italiano e orgoglio magiaro”. Si deve a Kalbeck anche la supposizione che l’inizio del quintetto abbia avuto origine da una delle ultime due sinfonie abbozzate ma mai portate a termine. Dopo una prova, Kalbeck chiese inoltre all’autore se l’opera non avesse come sottotitolo segreto “Brahms al Prater”, al che Brahms gli avrebbe risposto, con furbesco ammiccamento degli occhi: “Giusto. Non è vero? E tra molte belle ragazze”. Le meraviglie di questa matura composizione da camera si notano nel ruolo particolare dei due strumenti preferiti di Brahms, le viole; nella ricchezza polifonica e melodica, nella varietà dei ritmi danzanti e nell’incredibile freschezza delle idee musicali.

Commento a cura di Valerij Voskobojnikov