Mercoledì 8 settembre – ore 18.30
Villa Romana della Linguella | Portoferraio

700 anni dalla morte di Dante Alighieri

Jing Zhao, violoncello | Orchestra I Solisti di Mosca | Yuri Bashmet, direttore

O. Respighi Adagio con variazioni per violoncello e archi
Adagio
Poco meno adagio
Quasi recitativo

 

Saba Beatrice Lucidi, voce recitante
Boris Garlitsky, violino e concertatore | Béatrice Muthelet, Sào Soulez Larivière, viole | Giovanni Gnocchi, violoncello | Mattia Riva, contrabbasso | Elba Festival Camerata

Arturo Cuellar Rime per voce recitante e ensemble d’archi. Prima mondiale

 

 

Elba Festival Prize 2021Justus Friedrich Eichhorn, pianoforte
Orchestra I Solisti di Mosca | Yuri Bashmet, direttore

W.A. Mozart Concerto per pianoforte e orchestra K. 414
Allegro
Andante
Rondeau. Allegretto

 

Dedicato al caro amico violoncellista Antonio Certani, l’Adagio con variazioni per violoncello e orchestra nasce nel 1902 come tempo lento di un concerto mai pubblicato. Nel 1921, dopo quasi vent’anni, quel movimento centrale viene rivisto e riorganizzato come Adagio con variazioni; dolorosamente espressivo, classico nella concezione formale, rapsodico nella scrittura, conquista immediatamente il favore del pubblico e presto diventa uno dei brani più favoriti del repertorio per il violoncello. Il tema si ispira ad un canto popolare romagnolo dalla calda linea melodica e secondo una scrittura strumentale rapsodica, lontana dai virtuosismi di una certa scuola ottocentesca. Vale la pena di soffermarsi brevemente sulla figura storica di Ottorino Respighi, allievo di sommi musicisti come Torchi e Martucci in Italia, Max Bruch in Germania e addirittura di Rimskij-Korsakov a Pietroburgo, dove è stato prima viola dell’orchestra imperiale. Nel 1913 vinse la cattedra di alta composizione al Conservatorio Santa Cecilia di Roma che tenne prima come professore e poi come direttore del Conservatorio. La scrittura di Respighi sicuramente si distingue per la sua ricca strumentazione orchestrale, con qualche influenza dello stesso Rimskij o Debussy, ma anche per la sua fedeltà ai principi della scuola “classica” senza cedimenti alla moda e alle varie svolte avanguardistiche della musica italiana. Bisogna precisare che ultimamente, superata l’imposizione assoluta delle tecniche d’avanguardia del dopoguerra, l’eredità di Respighi, bollato come “conservatore”, “restauratore”, “dannunziano”, “crepuscolare”, “acquarellista di cartoline illustrate”, è stata giustamente rivalutata.

Arturo Cuéllar, che è anche pianista e direttore d’orchestra, è autore di composizioni caratterizzate da energia, virtuosismo e humor, in uno stile unico che combina elementi classici e jazz con la musica popolare colombiana. Le sue composizioni, tra cui un concerto per pianoforte, tre quartetti d’archi due fantasie per pianoforte e orchestra d’archi e altre sono state eseguite in tutto il mondo, dal Musikverein di Vienna alla Carnegie Hall di New York. “Rime” è una raccolta di cinque brevi pezzi ispirati ad altrettante Rime dantesche, scoperte da Cuellar a seguito dell’incontro con George Edelman, che poi gli ha commissionato la nuova composizione per “Elba Isola Musicale d’Europa”.

Il Concerto per pianoforte e orchestra n. 12 in La maggiore K. 414 di Wolfgang Amadeus Mozart è il secondo di una triade formata dai concerti K. 413, K. 414 e K. 415, concepita per l’esigente pubblico viennese. La sua “prima” risale esattamente al 22 marzo 1783 al Burgtheater di Vienna ed avvenne in presenza dell’imperatore Giuseppe II d’Asburgo-Lorena. La traccia reale di questa esibizione di Mozart in qualità di solista e direttore si trova sulle pagine del “Crames Magazin” dove il cronista racconta che questa “Accademia” (cioè un concerto d’autore) ebbe un successo eccezionale e che entrambi i nuovi concerti di Mozart (non si sa quale fosse il secondo oltre al K. 414) come anche altre “fantasie” che il Sig. Mozart eseguì al pianoforte, avevano riscosso un successo clamoroso. Si precisa che anche il monarca, contrariamente alla sua solita abitudine di andarsene dalla sala a metà del concerto, questa volta rimase dall’inizio alla fine, e come tutto il pubblico espresse la propria soddisfazione ed approvò il musicista. Si ritiene che i proventi raccolti raggiunsero la cifra di 1600 “gulden”.
Secondo Alfred Einstein ed altri illustri studiosi mozartiani, il Concerto in La maggiore K. 414 fu scritto prima degli altri due, K. 413 e K. 415: lo testimoniano tanto l’edizione di Artaria del 1785, che pubblicò il concerto come «primo dell’op. IV», quanto la data di composizione del Rondò K. 386 (19 ottobre 1782), scritto da Mozart proprio per il Concerto K. 414 e poi sostituito dall’Allegretto. Fatto sta che nel dicembre del 1782 Mozart scriveva al padre Leopold di aver aperto la sottoscrizione per tre nuovi Concerti, che si potevano suonare sia con una grande orchestra (cioè archi, più 2 oboi e 2 corni) sia con un semplice quartetto d’archi. La possibilità di suonare il delizioso Concerto in La maggiore è indicata personalmente da Mozart ed è un peccato che pochi pianisti ed organizzatori tutt’oggi non ne approfittino! “Sono un’esatta via di mezzo fra il troppo difficile e il troppo facile. Molto brillanti, gradevoli all’orecchio, naturalmente senza cadere nel vacuo. Qui e là dovrebbero soddisfare anche gli intenditori, ma sempre in modo che i non intenditori possano rimanerne soddisfatti, pur senza sapere il perché”.
Al solista è affidato molto spazio all’interno della partitura: ognuno dei tre movimenti, infatti, termina con una lunga cadenza, che diventa quasi “doppia” nel rondò finale, per poi essere conclusa dal finale dell’orchestra, Mozart li ha composti aggiungendo un paio di interventi virtuosistici dopo le corone nel primo e nel terzo movimento. L’Allegro iniziale si apre con un tema discorsivo degli archi, in preparazione dell’intervento del pianoforte in un ruolo dialogante. Dopo lo sviluppo del primo tema e il ritornello si delinea una seconda frase e successivamente una variante di essa, nel contesto di un equilibrato accompagnamento orchestrale. L’Andante, delicato ed espressivo nella sua linea melodica, vuole essere un omaggio a Christian Bach, del quale Mozart cita l’incipit dell’ouverture La calamità dei Cuori. Il motivo, raccolto e solenne, viene esposto «sottovoce» dagli archi, in un clima musicale di ispirazione quasi religiosa. Anche in questo movimento c’è la cadenza solistica prima della ripresa del “tutti”. L’Allegretto finale, o più esattamente rondò, è caratterizzato da un discorso fresco e agile tra il pianoforte e il gruppo strumentale, in un clima leggero e tonificante, tipicamente mozartiano.

Commento a cura di Valerij Voskobojnikov