Mercoledì 1 settembre – ore 18.30
Villa Romana della Linguella | Portoferraio

Martha Argerich, Akane Sakai, pianoforti | David Grimal, Aki Saulière, violini | Georgy Kovalev, viola | Raphael Bell, violoncello

R. Schumann Quintetto per pianoforte e archi op. 44
Allegro brillante
In Modo d’una Marcia. Un poco largamente. Agitato
Scherzo. Molto vivace – Trio I et II
Allegro, ma non troppo
I. Stravinsky Sagra della Primavera balletto (versione per due pianoforti)
Parte I: L’adorazione della terra
Introduzione (Lento – Più mosso – Tempo I)
Gli auguri primaverili – danze delle adolescenti (Tempo giusto)
Gioco del rapimento (Presto)
Danze primaverili (Tranquillo – Sostenuto e pesante – Vivo- Tempo I)
Gioco delle tribù rivali (Molto allegro)
Corteo del saggio
Il Saggio (Lento)
Danza della terra (Prestissimo)
Parte II
Il sacrificio
Introduzione (Largo)
Cerchi misteriosi delle adolescenti (Andante con moto – Più mosso – Tempo I)
Glorificazione dell’Eletta (Vivo)
Evocazione degli antenati
Azione rituale degli antenati (Lento)
Danza sacrificale (l’Eletta)

 

Credo che non ci sarebbe modo migliore di festeggiare, nel corso del Festival, il glorioso 80° anniversario di Martha Argerich, la magnifica musicista, che più volte ha regalato a noi ascoltatori la propria generosa arte, se non affidandole la parte del pianoforte nel Quintetto op. 44 di Robert Schumann. Per quanto ci risulta, nel repertorio immenso dell’amatissima Martha c’è praticamente tutto Schumann: le sue Sonate, la Fantasia, vari Cicli, il Concerto, inoltre tanta musica da camera, come le Sonate per violino e piano, brani per violoncello, viola e piano, e infine il Quartetto ed il Quintetto con archi. Una volta a Pescara ho assistito per la RAI Radio3 alla registrazione di un’autentica maratona notturna, dove Martha era la protagonista, insieme a tanti suoi amici con i quali ha eseguito opere di diversi compositori. Prima del concerto ho visto la grande pianista “scaldarsi le mani”, nello stesso tempo conversando e dando delle indicazioni, niente meno che con la difficilissima Toccata di Schumann!
Auguriamo dunque un felice compleanno alla nostra splendida ospite e diamo qualche notizia riguardo alla non meno splendida composizione, scelta appunto per festeggiarla: il popolarissimo Quintetto op. 44 di Robert Schumann. Prima di affrontare l’esperienza, per lui tutta nuova, della musica da camera, anche senza pianoforte, Schumann fece svariati “tentativi”, studiò infatti i quartetti di Haydn, Mozart, Beethoven, probabilmente il Trio di quest’ultimo, detto “Arciduca” in modo particolare e la Trota di Schubert. Solo nel 1842 questi “tentativi” raggiunsero dei risultati concreti e lo fecero con un’incredibile rapidità: il 4 giugno iniziò a comporre il Quartetto in la minore op. 41 n. 1, ai primi di luglio era pronto il Quartetto in fa maggiore, il secondo dell’op. 41, e il 22 dello stesso mese era terminato il Quartetto in la maggiore, il terzo dell’op. 41. Un ritmo creativo vertiginoso e stupefacente, riguardante la composizione, tra settembre e ottobre dello stesso anno, anche del Quintetto con pianoforte op. 44 e del Quartetto con pianoforte op. 47. Nella struttura organizzativa certamente Schumann segue i modelli e le regole stabilite, ma dappertutto si nota, diciamo in termini radiofonici, la personalissima sigla creatrice schumanniana: il suo innato romanticismo, la straordinaria fantasia, i tipici slanci e tristezze di Florestano ed Eusebio, che nel Quintetto op. 44 si manifestano in pieno. In più, anche se nel Quintetto il pianoforte ha un ruolo da protagonista, Schumann crea un dialogo elegante e intenso, una densità sinfonica di scrittura, affidando ad esempio al violoncello già nell’iniziale Allegro brillante, dopo il tema robusto e imperioso del pianoforte, una frase di innumerevole dolcezza. Una scelta molto particolare quella del secondo movimento, una specie di marcia funebre con un tema, esposto con voce rotta e spezzata dal primo violino, su un accompagnamento del pianoforte. Come non ricordare anche qui l’Eroica di Beethoven! Segue un brillante Scherzo Molto vivace, animato da brillantissime scale e arricchito da due diversissimi Trii (il primo più lirico in ritmo ternario, il secondo veloce e danzante completamente opposto in ritmo binario). L’Allegro ma non troppo conclusivo, è un rondò dall’intonazione entusiastica, con qualche sfumatura slava. L’ultima sorpresa di questo movimento è la riapparizione, con entrate in imitazione, del tema dell’Allegro brillante iniziale, a riaffermare l’unità concettuale della partitura e il debito tutto romantico verso la polifonia bachiana.
Che la città di Parigi all’inizio del Novecento fosse sicuramente la capitale mondiale della cultura e dell’arte nuova, mi era sempre chiaro ma comunque sono rimasto sorpreso quando ho letto, preparando questa nota, che in pieno centro della città francese (purtroppo non sono riuscito a stabilire in quale via esattamente) sulla facciata della casa, una volta abitata dal noto musicologo e scrittore Louis Laloy, si può leggere la seguente frase sulla targa di marmo: “Ici chez Louis Laloy le 2 juin 1912 Stravinski et Debussy jouerent pour la premiere fois la versione pour piano du Sacre du Printemps”. Louis Laloy cosi racconta di questa esecuzione a quattro mani fatta da Debussy e Stravinskij nel suo giardino: “Rimanemmo tutti ammutoliti, atterriti come dopo un uragano venuto dal fondo dei secoli”. Invece Claude Debussy scrisse l’8 novembre 1912 a Igor’ Stravinskij: “…Ho sempre impresso nella memoria il ricordo di quando, a casa di Laloy, suonammo la vostra Sagra della Primavera… Mi ossessiona come un magnifico incubo e cerco, invano, di rievocare quell’impressione terrificante.” E poi, leggendo un importantissimo lavoro, purtroppo non finito, del musicologo russo Viktor Varunz, prematuramente scomparso nel 2003, Igor Fëdorovič Stravinskij Epistolario con i corrispondenti russi. Materiali per la biografia, in tre volumi, ho trovato una notizia riguardante un avvenimento simile: Sergej Djagilev in piena Prima guerra mondiale convoca a Roma, per discutere dei prossimi balletti per la sua famosa troupe, due compositori russi – Stravinskij e Prokof’ev. A Roma egli organizza a Grand Hotel in data 13 febbraio 1915 un concerto privato delle opere di Stravinskij, al quale erano presenti Respighi, Rodin e Balla. Hanno suonato a quattro mani la Sagra l’autore e Alfredo Casella. Il successivo incontro a Milano, credo presso albergo Continental, organizzato sempre dal bravo impresario Sergej Djagilev, in data 20 marzo 1915, fu quello di Stravinskji con Prokof’ev. Passo la parola a Prokof’ev in persona, il quale annota nel suo Diario (inedito in Italia e forse esistente solo in inglese) che quel giorno arrivò a Milano Stravinskij, con il quale loro due si conoscevano fin dai tempi del Conservatorio di Pietroburgo. Scambio di complimenti, da parte del grande Igor’ per le opere di Prokof’ev come il suo Secondo Concerto, Toccata e la Seconda Sonata, e viceversa da parte di Prokof’ev per Pribautki di Stravinskij da lui eseguite in modo divertente e poi: “Dopo, in presenza dei futuristi [presumibilmente Marinetti e Balla] noi abbiamo suonato a quattro mani la Sagra della primavera. Finora l’ho sentita solo una volta in concerto di Kusevizkij e la compresi poco. Ora, mettendomi con autore a suonarla a quattro mani davanti ad una riunione numerosa, mi sono sinceramente spaventato, perché sapevo che si trattava di un’opera incredibilmente difficile. Stravinskij, sempre piccolo e anemico, ora, durante l’esecuzione si scaldava, diventava rosso, sudava, canticchiava con la voce rauca, e stabiliva il ritmo con tanta efficacia, che noi questa Primavera abbiamo interpretata con l’effetto sbalorditivo! Per me stesso all’improvviso ho scoperto che la Primavera è un’opera splendida: per la bellezza meravigliosa, chiarezza e maestria. Mi sono sinceramente congratulato con l’autore, e lui in risposta ha lodato la mia capacità di leggere a prima vista”.
Il lavoro sulla musica per il balletto che l’autore chiamava esattamente in questo modo “Tableaux de la Russie payenne (Ballet)” fu completato verso il 17 novembre del 1912. Subito dopo Stravinskij preparò la versione a quattro mani (o per due pianoforti) che intendeva far ascoltare a Debussy, musicista che frequentava spesso e che gli dimostrava una simpatia sincera apprezzandone la musica con giudizi misurati e di grande acutezza. Un anno dopo questa trascrizione fu pubblicata in Russia presso RMI, Edizioni Musicali Russe di Sergej Kusevickij. La Boosey & Hawkes ristampò nel 1952 la versione del 1913 per pianoforte a quattro mani, senza modifiche.
Come si sa, La Sagra della primavera (titolo originale francese Le Sacre du printemps), fu scritta fra il 1911 e il 1913 per la compagnia dei Balletti russi di Sergej Djagilev; la coreografia originale fu di Vaclav Nižinskij, le scene e i costumi di Nikolaj Roerich. La prima rappresentazione, avvenuta a Parigi al Théâtre des Champs-Élysées il 29 maggio 1913, segnò un momento fondamentale non solo nella carriera del suo autore, ma anche per la storia del teatro musicale. L’innovazione straordinaria della musica, la coreografia e l’argomento stesso crearono un enorme scandalo e fu destinata a rimanere una pietra miliare nella letteratura musicale del XX secolo.
Stravinskij ottenne da Djagilev la possibilità di utilizzare un organico orchestrale di dimensioni grandiose, ben 99 esecutori che in gran numero facevano parte de l’Orchestre Colonne di Parigi. La direzione fu affidata a Pierre Monteux che aveva già diretto la prima di Petruška nel 1911. Nonostante la sua reazione, non certo favorevole, avuta all’ascolto in anteprima de Le Sacre nella versione per pianoforte, Monteux accettò di dirigere il balletto, grazie soprattutto all’insistenza di Djagilev; egli richiese ben sedici prove complete a causa della complessità della partitura. Secondo Stravinskij “l’esecuzione musicale non fu cattiva”. Il 5 aprile del 1914 Le Sacre venne eseguito per la prima volta in forma di concerto, insieme a Petruška, al Casino de Paris, sempre sotto la direzione di Pierre Monteux. In una sala gremita la composizione di Stravinskij ebbe finalmente la sua rivincita. Ricorda il compositore “Il pubblico, che non era più distratto dallo spettacolo, ascoltò il mio lavoro con attenzione concentrata e lo applaudì con un entusiasmo del quale fui molto commosso e che ero ben lontano dall’aspettarmi. Alcuni critici, che avevano biasimato in precedenza il Sacre, confessarono francamente il loro errore. È evidente che tale conquista del pubblico mi diede allora una soddisfazione profonda e duratura.” Un gran numero di persone invase il palcoscenico, Stravinskij fu issato sulle spalle di un ammiratore e portato in trionfo fino a Place de la Trinité.

Commento a cura di Valerij Voskobojnikov