Venerdì 10 settembre – ore 18.00 | Ingresso libero solo su prenotazione
Forte Longone | Porto Azzurro

Concerto al Carcere di Porto Azzurro

Mario Brunello, Jing Zhao, Giovanni Gnocchi, violoncelli

J.S. Bach Sarabanda dalla Suite n. 6 BWV 1012 (arr. per 3 violoncelli)
V. Silvestrov 8.VI.1810 … to R.A.Sch.’s Birthday  per 2 violoncelli (quasi “V-c. solo”)
G. Verdi / A. Melchiori La Traviata, estratti (arr. per violoncello piccolo e violoncello)
A. Piatti Elegia per la morte di A. Rubinstein per 2 violoncelli
J.S. Bach Corale  Ich ruf zu dir BWV 639  per 3 violoncelli
G. Sollima Terra Aria per 3 violoncelli

 

Siccome il Maestro Mario Brunello di solito presenta e commenta a voce personalmente i suoi programmi sempre interessanti, innovativi e sorprendenti, anche questa volta, come abbiamo fatto nelle precedenti edizioni del Festival, lascio la parola a lui, aggiungendo soltanto qualche notizia trovata qua e là. Buon ascolto.

Valentin Silvestrov
“Io non scrivo la musica nuova. La mia musica è la risposta, l’eco di quello che già esiste”.
Nato a Kiev nel 1937 Valentin Silvestrov iniziò i suoi studi musicali piuttosto tardi, dopo aver frequentato la classe di Boris Ljatošinskij al Conservatorio locale, si dedicò alla composizione. I suoi primi passi furono legati sia allo stile neoclassico sia all’avanguardia. Per molti anni in URSS è stato criticato e poco eseguito proprio per la sua simpatia verso la dodecafonia e altre tecniche moderne. Successivamente la sua estetica è cambiata, tornando alla tonalità, al gusto romantico, e ultimamente le sue opere sono molto apprezzate per la loro gradevolissima liricità, intimità e profonda riflessione. Come tante altre composizioni per strumenti ad arco, questi tre pezzi: Elegia, Serenata e Minuetto sono quasi una meditazione, creano un effetto simile a quello delle pellicole di Andrej Tarkovskij: le sue musiche, come i film di questo straordinario regista, sono rivolte ad un élite umana, a quegli uomini sensibili, capaci di provare e di condividere il dolore e la sofferenza. Il credo artistico di Silvestrov consiste nell’unione della bellezza (la sua musica viene spesso definita “bella”), della verità e della bontà.
La breve Suite ha un titolo assai originale, significa: “dedica al compleanno di Robert Alexander Schumann 8 giugno” e consiste di tre brani: Elegia, Serenata e Minuetto. (Uno dei violoncelli suona la melodia mentre l’altro solo l’accompagnamento pizzicato).

Su Antonio Melchiori (1827-1897) ho trovato soltanto alcuni dati nell’archivio della Casa Ricordi: è stato un compositore che ha eseguito le trascrizioni delle Due Polke Mazurke per pianoforte sopra i motivi della Traviata di Verdi nel 1857 e delle Contraddanze dalla stesa opera.

Alfredo Carlo Piatti nacque a Bergamo, a pochi passi dalla casa di Donizetti, l’8 gennaio 1822. Iniziò lo studio del violoncello a 5 anni, a 10 anni si trasferì al Conservatorio di Milano, dove rimase fino ai 15 anni. Nel 1843 iniziò una tournée concertistica che gli offrì l’opportunità di far apprezzare il suo talento in tutta Europa e di conoscere musicisti come Liszt, Mendelssohn, Meyerbeer e Servais. Dopo aver suonato a Vienna, Berlino, Parigi, Varsavia, Mosca e S.Pietroburgo, ricco di esperienze e di riconoscimenti, scelse di stabilirsi definitivamente a Londra. Per più di cinquant’anni, nelle stagioni della Musical Union, della Quartett Society e nei Popular Concerts, suonò il meraviglioso violoncello Stradivari che uno dei suoi ammiratori londinesi gli aveva regalato, collaborando con i maggiori interpreti del suo tempo: Joseph Joachim, Clara Schumann, Giovanni Bottesini, Giuseppe Martucci, Charles Hallé, Anton Rubinstein. Il critico della Allgemeine Musikalische Zeitung si sentì in dovere di segnalare il giovane violoncellista ai suoi lettori perché “egli possiede un eccezionale talento nel suonare il violoncello e si mostra tale che si pensa diventerà il Paganini del violoncello”. In oltre sessant’anni di attività, Piatti compose oltre ai famosissimi Capricci per violoncello – banco di prova per i violoncellisti di tutto il mondo – una settantina di pezzi strumentali.

Il brano Terra Aria del violoncellista e compositore siciliano Giovanni Sollima fa parte della suite “J. Beuys Song”, cioè del pittore, scultore e performance artist tedesco Joseph Beuys (1921-1986), essa era la base musicale per uno spettacolo, firmato da Carolyn Carlson, che venne messo in scena alla Biennale di Venezia nel giugno 2001. Protagonisti un gruppo di dodici danzatori, accompagnati dalla musica live di Giovanni Sollima e da 25 straordinari interpreti finlandesi, un coro di ”urlatori” che si esibirono in un repertorio di antiche canzoni tradizionali. ‘Un “work in progress”, uno spazio di idee percorso da frammenti e stratificazioni. Un viaggio personale nell’universo di Joseph Beuys, che mi riporta inconsciamente alla Sicilia, a Ghibellina (Sollima fa riferimento al centro medievale di Ghibellina, fondato nel Quattordicesimo secolo, e poi distrutto dal terremoto del 1968)… “L’uomo, la natura, le devastazioni fisiche e spiritual”. Con queste parole Giovanni Sollima presentò il lavoro alla Biennale. E ancora Sollima: “In scena do libero sfogo alla mia fisicità intramata di musica e contrasti […]. Realtà stridenti e sonorità estreme, che giungono da antipodi, la Sicilia e la Finlandia, diversissimi nei ritmi, nei colori, nei timbri cromatici. J.Beuys Song riguarda, ancora più apertamente del passato, l’amore della Carlson per tutto ciò che è vivo sulla Terra, e che invece “l’uomo, con la sua indifferenza e la sua freddezza, fa morire. Uno spettacolo assurdo: ordine e caos, precisione di gesti ed energia che si scatena”. “Sulle note di Terra Aria – brano per tre violoncelli – il compositore comincia a suonare tutte e tre le parti su un solo violoncello: le sue braccia si sdoppiano, attribuendo al protagonista assoluto doti soprannaturali”, così la critica riferiva la fantastica partecipazione del compositore stesso allo spettacolo, poi ripreso a Palermo e in Francia. L’opera si chiudeva con il brano d’inizio, il celebre Terra Aria. Tre violoncelli – di cui due su base registrata – creano un intreccio in cui cellule tipicamente minimaliste fungono da accompagnamento a frasi musicali dall’intensa vocazione melodica. J. Beuys Song è diventato uno dei lavori più noti di Sollima, in particolare il primo brano della suite, Terra Aria, reso celebre prima dal film The Tulse Luper Suitcases di Peter Greenway, poi dalla fiction di Rai Uno Il bell’Antonio, per i quali è stato scelto come parte della colonna sonora, infine dal video musicale di Lasse Gjertsen, DayDream176, nel quale Sollima è il protagonista. DayDream, pubblicato su You Tube, ha stabilito il record mondiale di contatti per quanto riguarda un video musicale. Naturalmente nel concerto odierno il brano sarà eseguito dai tre violoncellisti secondo la partitura di Sollima in seguito elaborata.

Commento a cura di Valerij Voskobojnikov