Thursday August 31 – 6.30 pm

Centro Culturale De Laugier | Portoferraio

Klimt Quartet - Festival Soloists - Mendelssohn, Strauss

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Klimt Quartet - Duccio Ceccanti violin | Edoardo Rosadini viola | Jacopo Di Tonno cello | Matteo Fossi piano
Margherita Di Giovanni viola | Amerigo Bernardi double bass
F. Mendelssohn-Bartholdy Sextet for piano, violin, 2 violas, cello and double bass op. 110
R. Strauss Quartet for piano, violin, viola and cello op. 13

Felix Mendelssohn-Bartholdy (1809-1847) – Sestetto per pianoforte, violino, 2 viole, violoncello e contrabbasso op. 110
I. Allegro vivace
II. Adagio
III. Minuetto
IV. Allegro vivace

Quando parliamo di Felix Mendelssohn-Bartholdy , il musicista più romanticamente classico che sia esistito, spesso dimentichiamo di sottolineare la precocità straordinaria del suo enorme talento, che si è dimostrato già nelle sue prime sinfonie composte tra i 12 e i 14 anni (Mozart non era il solo bambino prodigio, vanno ricordati anche Schubert e Sostakovic!). Il Sestetto in re maggiore op. 110 per violino, due viole, violoncello, contrabbasso e pianoforte in programma, fu composto nel 1824 da un Mendelssohn quindicenne (!), e può definirsi un classico concerto da camera per pianoforte, in quanto conferisce al pianoforte il ruolo di guida dell’ensemble, mentre l’organico degli archi vira verso i toni gravi, con la riduzione ad un solo violino in favore del raddoppio delle viole. Il dinamico gioco degli archi avvolge ed esalta, non senza concedersi a tratti la guida del discorso, un pianismo brillante, che riporterà alla memoria le esperienze di Weber, in una partitura dalla freschezza godibilissima.
Nell’Allegro vivace d’apertura domina l’effervescenza, bilanciata dal colore scuro degli archi, mentre nell’Adagio risuona, in forma sonata senza sviluppo, la corda d’una malinconia delicata, che effonde lieve, tra indicazioni di dolce, piano e con sordino, tenui delizie sonore. In terza posizione si colloca un fulmineo Scherzo in re minore, però denominato Menuetto. Pagina da non dimenticare, perché il suo tema principale ricomparirà subito prima della coda dell’ultimo tempo, lo spumeggiante Allegro vivace condotto dall’estrema, giocosa esibizione del pianoforte.
Al di là della sua opera creativa, non va dimenticata la notevole influenza sulla vita musicale europea esercitata da Mendelssohn come pianista e direttore d’orchestra del Gewandhaus di Lipsia. A lui si debbono i concerti per far conoscere in Germania Orlando di Lasso, Victoria, Palestrina, Leo, Lotti, Durante; fu suo il merito di riesumare importanti lavori di Haendel, Schubert e Bach (di quest’ultimo diresse la Passione secondo San Matteo il 10 marzo 1829 a Berlino, in una esecuzione rimasta storica nel quadro della Bach-Renaissance sviluppatasi gradatamente nell’epoca romantica). Interpretò e diffuse le sinfonie di Beethoven e le opere strumentali e sceniche di Mozart, favorì la carriera di Schumann, che gli dedicò i suoi tre Quartetti nel 1842, e di Chopin.

 

Richard Strauss – Quartetto per pianoforte, violino, viola e violoncello op. 13
I. Allegro
II. Scherzo. Presto
III. Andante
IV. Vivace

Richard Strauss sembrerebbe non avere molto a che vedere con il Novecento così come lo conosciamo, e sicuramente non sembra un musicista del XX secolo se consideriamo che la sua opera lirica Arianna a Nasso fu composta nel 1912, l’anno del Pierrot lunaire e del Sacre du printemps. Riporto le parole, sempre sintetiche ed intelligenti, del pianista canadese Glenn Gould dalla sua Perorazione per Richard Strauss: «Ciò che è soprattutto esemplare nella musica di Strauss è il fatto che essa rappresenti concretamente la trascendenza di ogni dogmatismo artistico, di ogni problema di gusto, di stile e di linguaggio, di ogni frivolo e sterile cavillo cronologico. È l’opera di un uomo che arricchisce la propria epoca perché non le appartiene e che parla per ogni generazione perché non s’identifica con nessuna. È una suprema dichiarazione di individualità: la dimostrazione che l’uomo può creare una propria sintesi del tempo senza essere vincolato dai modelli che il tempo gli impone».
Il catalogo della musica da camera di Strauss (esclusi, ovviamente, i Lieder) è abbastanza esiguo e quasi tutte le pagine risalgono al periodo giovanile. All’organico del quartetto per pianoforte e archi dedicò però quattro composizioni legate a committenze occasionali nel periodo che va dall’inizio degli anni Ottanta (la Serenata e Festmarsch) al dicembre del 1893 (Zwei Stücke). A queste va aggiunto il Quartetto in do minore op. 13 considerato una delle opere chiave della giovinezza straussiana, in cui già si intravede la coerenza di sfruttare le ricchezze della tonalità tardoromantica all’interno di una rigida disciplina formale.
Tra i maestri ideali di questo Quartetto c’è sicuramente Brahms e, in secondo luogo, Schumann, un omaggio ai classici che però appaiono già “metabolizzati” vista l’originalità della concezione e la condotta del materiale musicale. In generale, il trattamento degli strumenti rivela ancora una certa imperizia per quello che sarà il maestro dell’orchestrazione: spesso gli archi sono all’unisono o all’ottava e il pianoforte diviene il punto di riferimento nello sviluppo dei temi.

Allegro
L’avvio quieto è ingannevole; subito la musica prorompe energica e ricca di contrasti; spesso le parti s’invertono, ma in linea di massima il pianoforte si contrappone a violino, viola e violoncello. Per le sonorità fosche, per i toni quasi drammatici, questo è il movimento più “brahmsiano” del Quartetto. La cupezza in generale permea il primo movimento, ma di brahmsiano c’è da sottolineare anche la virilità, il ritmo scandito, l’espressività dei temi, l’ampiezza del suono, le massicce proporzioni delle costruzioni dell’insieme musicale.

Scherzo: Presto; Molto meno mosso
Lo scherzo è costituito da un fitto, argentino dialogo tra gli strumenti; i brevi incisi tematici, subito interrotti da frequenti pause, mostrano l’abilità del compositore nel trattare la componente ritmica. Forse la parte più riuscita del Quartetto: il brevissimo motivo basilare, assai originale, un leggero volo di note, il continuo gioco del ritmo ternario con le sincopi, un tema brevissimo ma dolce ed affascinante nel Trio Molto meno mosso che magistralmente viene inserito nella Coda insieme al motivo principale dello Scherzo.

Andante
Adesso giunge un po’ di calma; l’iniziale melodia malinconica del pianoforte trova risposta negli archi, e un secondo tema lirico viene introdotto dalla viola. I due temi si espandono con ampi intervalli, alternandosi, nel dialogo tra pianoforte e archi, momenti di forte intensità armonica. Si tratta di una vena lirica più personale, più autonoma, certamente molto romantica ma meno brahmsiana, a mio avviso.

Finale: Vivace
I principali temi del primo movimento, in parte già richiamati nel terzo tempo, sono ancora più evidenti in questo energico finale; gli strumenti ora hanno più spazi autonomi e creano episodi di serenità in un insieme che per la maggior parte appare triste e agitato. Nell’insieme il Finale trabocca di passione ed entusiasmo.

Commento a cura di Valerij Voskobojnikov