Saturday September 3 – 11.30 am
Teatro dei Vigilanti – Renato Cioni | Portoferraio

Festival Soloists – Bach, Dvořák, Schumann


Boris Garlitsky, Shai Nakash, Hallel Tutter violins | Katrin Spiegel viola | Giovanni Gnocchi cello | Elena Garlitsky piano

J.S. Bach Ciaccona for violin solo from the Partita BWV 1004
A. Dvořák Trio for two violins and viola op. 74
R. Schuman 5 Stücke im Volkston for cello and piano op. 102 (5 pieces in popular style)

J.S. Bach – Ciaccona per violino solo dalla Partita BWV 1004

Secondo la definizione del musicologo Alberto Basso, questa Ciaccona si può considerare “una sorta di carta costituzionale del violinismo trascendentale”. Il brano è il movimento concludente della Partita II per violino solo che contiene anche Allemanda, Corrente, Sarabanda e Giga; la durata complessiva della Ciaccona supera tutti e quattro i movimenti precedenti. Questa musica, diventata famosa e più volte trascritta per altri strumenti, probabilmente nacque, come sostiene la musicologa tedesca Helga Thoene (1994), come “tombeau” (epitaffio) in memoria di Maria Barbara Bach, prima moglie del compositore scomparsa prematuramente nel 1720. Esaminando il testo musicale, la Thoene vi ha individuato numerose citazioni di melodie corali della Passione (in particolare del Corale “Christ lag in Todesbanden” Cristo giaceva nei lacci della morte).
Nelle sue tre Partite e tre Sonate per violino solo J.S. Bach, il più grande maestro della polifonia, si pose un compito quasi irrealizzabile: scrivere una fuga a quattro voci per uno strumento ad arco, sfidando tutte le difficoltà tecniche che imponeva la natura stessa del violino. Interessante che in questa Ciaccona il principio di partenza non rappresenta la melodia condotta dalla voce superiore, bensì dal tema di basso che “programma” le 30 variazioni.
L’origine della danza è lontanissima nel tempo: la “ciaccona”, “chacona” in spagnolo, “chaconne” in francese, è nota in Spagna fin dalla fine del XV secolo, si sa della sua diffusione in Messico, è menzionata nelle opere di Miguel de Cervantes, di Lope de Vega, come una danza scatenata e selvaggia. In Italia la ciaccona invece si è avvicinata alla Passacaglia, sulla base del basso ostinato. Col tempo è stata usata da numerosi compositori di varie nazionalità: da Lully, Haendel, Gluck, Vitali, Frescobaldi, Pachelbel, Buxtehude.
La Ciaccona di Bach ha ispirato Johannes Brahms a comporre una magnifica trascrizione nel 1879 per la sola mano sinistra, intitolata Studio n. 5 per pianoforte, mentre Ferruccio Busoni la trasformò in una difficilissima e brillante opera degna dei più affermati pianisti concertisti. Senza dimenticare altre elaborazioni per pianoforte, violoncello, chitarra, organo ed anche per orchestra.

Antonín Dvořák – Terzetto op. 74 in do maggiore per 2 violini e viola

I. Introduzione. Allegro ma non troppo
II. Larghetto
III. Scherzo. Vivace – Trio. Poco meno mosso
IV. Tema con variazioni

Il grande compositore boemo ha lasciato numerose opere da camera, tra le quali quel capolavoro del Quintetto op.81 che abbiamo ascoltato all’apertura del nostro festival. Dvořák si è dedicato all’invenzione delle forme non sempre tradizionali della musica da camera, in particolare scrivendo nel 1867 una Serenata per flauto, violino, viola e triangolo! Però nel pieno rispetto delle regole ha anche composto ben 11 quartetti per archi, diverse Sonate per violino e violoncello, Trii con pianoforte, Quintetti, Sestetto ecc. Essendo tra l’altro un uomo molto generoso ha più volte scritto opere per gli amici, considerando le loro possibilità: ad esempio nel 1878 ha composto le Bagatelle per un amico violoncellista, Josef Srb-Debrnov, che non possedeva un pianoforte ma aveva un armonium e quindi Dvořák ha utilizzato questo strumento.
Questo Terzetto op. 74 in do maggiore per 2 violini e viola giustifica pienamente le parole di uno dei maggiori studiosi della musica del compositore boemo, il suo connazionale Otakar Sourek: “Dvoràk deve essere posto tra i compositori più riccamente dotati e versatili del XIX secolo. Come Haydn, Mozart e Schubert, apparteneva a quella razza di benedetti da Dio e naturalmente ispirati, i cui pensieri e le cui emozioni si manifestano spontaneamente in musica e la cui immaginazione si riversa nella melodia, nel ritmo e nell’armonia con un’inesauribile abbondanza d’idee pure, fresche e affascinanti”.
Il Terzetto op. 74 nasce con l’intento di Antonín Dvořák di fare musica amatoriale assieme al violinista Jan Pelikán del Teatro Nazionale di Praga e al suo allievo Josef Kruis, di cui il compositore aveva sopravvalutato le capacità; constatato che il Terzetto era troppo difficile per il musicista dilettante, Dvořák scrive prontamente un nuovo terzetto più semplice da suonare insieme. Da questo brano, pubblicato con il titolo Miniature Op. 75a, trae un arrangiamento per violino e pianoforte conosciuto come Pezzi Romantici.
Concepito in un raffinato e ampio dialogo contrappuntistico tra la viola e i due violini, partner alla pari, il Terzetto op. 74 si svolge in quattro movimenti: Introduzione: Allegro ma non troppo; Larghetto; Scherzo: Vivace – Trio: Poco meno mosso; Tema con Variazioni. Il compositore si è posto un compito non facile: qui mancava il violoncello che di solito conduceva la linea del basso e Dvořák lo compensa con un uso della viola assai ingegnoso. La struttura del Terzetto tutto sommato corrisponde al ciclo tripartitico di sonata; tranne l’Introduzione Allegro ma non troppo che non possiede questa forma classica. Dopo, senza soluzione di continuità, arriva il tempo lento, Larghetto, contrassegnato come “dolce, molto espressivo”; questo è uno dei brani più delicati scritti da Antonín Dvořák: il suo tema d’apertura è affidato ai due violini, creando un dialogo affascinante, mentre la viola ogni tanto interpreta il ruolo del tenore (non per caso Dvoràk non definì questa composizione Trio ma Terzetto, termine normalmente usato solo per la musica vocale) oppure simula la mano sinistra d’un immaginario pianista. Appresso seguono un vero divertente Scherzo Vivace e poi il Finale, Tema con variazioni Poco adagio, che rappresenta un tema originale con dieci brevi variazioni alternando episodi contrastanti per andamento e carattere, di volta in volta lenti, vivaci, lirici e brillanti.

Robert Schumann – Fünf Stücke im Volkston per violoncello e pianoforte op. 102 (Cinque pezzi in stile popolare)

I. Vanitas Vanitatum. Mit Humor (Con umorismo)
II. Langsam (Lento)
III. Nicht schnell, mit viel Ton zu Spielen (Non veloce, con suono profondo)
IV. Nicht zu rasch (Non troppo veloce)
V. Stark und markirt (Forte, marcato)

Il periodo del soggiorno di Robert Schumann a Dresda (1844–1850) è particolarmente importante e produttivo: qui egli scrive musica per bambini, per il coro con il quale collabora, romanze, pezzi strumentali. Insegue cioè non solo i progetti artistici ma anche la loro realizzazione pratica. Affronta anche generi piuttosto monumentali come la musica per il Poema drammatico Manfred, la Sinfonia n.2, la sua unica opera lirica Genoveva, il Trio per violino, violoncello e pianoforte in re minore ecc. La sua forza creativa a Dresda raggiunge la massima capacità, in quanto qui egli compone circa un terzo di tutta la sua produzione artistica. Probabilmente questa forza creativa lo aiutava a lottare contro la malattia mentale che stava avanzando. Da vero genio, solo la creatività poteva salvarlo, come è successo a Mozart o Beethoven nei momenti più drammatici della loro vite.
In particolare a Dresda nascono Adagio e Allegro per corno e pianoforte op.70, Pezzi fantastici per clarinetto e pianoforte op. 73, Pezzi fantastici per pianoforte, violino e violoncello op. 88, le Romanze per oboe e pianoforte op. 94, e Cinque pezzi in stile popolare per violoncello (oppure per violino) e pianoforte op.102. Quest’ultimo ciclo era già pronto nell’aprile 1849, ma Schumann lo fece pubblicare solo nel 1851. Il fascino particolare di queste miniature dipende non solo dal meraviglioso profilo melodico del violoncello, in particolar modo nel terzo brano, “Non veloce, con suono profondo”, ma anche dalla tinta popolare ungherese e nordica che Schumann affronta e trasforma in un dialogo raffinato.
Questi brani erano destinati a un consumo privato, a quella pratica del “far musica insieme” nelle case. Bisogna ricordare questi dettagli per comprendere la limitata estensione di queste composizioni, la cordialità del loro contenuto, il fatto stesso che siano destinate ad libitum al violoncello o al violino (ma preferibilmente al primo; la dedica è al violoncellista Andreas Grabaü di Lipsia), a seconda della disponibilità degli invitati per una riunione musicale.
Nei Cinque pezzi in stile popolare lo strumento solista ha un ruolo dominante rispetto al pianoforte. Nel primo movimento (Mit Uumor) Schumann si richiama al tema di una brillante polka boema, ascoltata probabilmente a Lipsia da alcuni musicisti girovaghi. In testa al brano il compositore ha scritto la citazione biblica «vanitas vanitatum», forse per indicare che ogni sentimento, anche il più allegro, svanisce e si dissolve. Il Lento successivo ha un carattere puramente lirico e va annoverato certamente tra le più belle ispirazioni poetiche del compositore. Una irregolarità metrica si avverte nella configurazione del primo tema (sette al posto delle abituali otto misure) ed anche all’inizio del movimento seguente (Nicht schnell), somigliante ad una romanza senza parole, evocante un clima di berceuse. I due movimenti finali sono delle danze stilizzate: il primo di carattere rusticano e il secondo simile ad una estrosa tarantella, indicata da Schumann come vigorosa e fortemente accentuata (Stark und markiert). La sezione centrale del tempo Nicht zu rasch (Non troppo veloce) si richiama con i suoi slanci appassionati e ardenti allo spirito musicale dei Phantasiestücke op. 73.